domenica 27 febbraio 2011

Marocco on/off by Fagot - giorno 1

Oltre 3.000 km. con un bicilindrico: dalle piste di montagna del Medio Atlante fino al deserto del grande sud al confine con l’Algeria, l’erg Chebbi e la valle del Draa, l’Alto Atlante e il Rif.

La voglia di tornare in Africa cresceva inesorabilmente, come un tarlo che piano piano ti rode dentro e allarga sempre di più le sue vie. Erano passati già due anni dall’ultima volta che c’ero stato e la lontananza diventava sempre più insopportabile. L’aria tersa ed il cielo azzurro cobalto, il sole accecante già dal primo mattino, le piste desolate, il deserto con i suoi silenzi, la sabbia con le sue insidie, facevano capolino nei miei sogni notturni con frequenza sempre maggiore. Il viaggio era già pianificato da oltre un anno, le tappe studiate al computer sera dopo sera, spulciando ora le guide ora Google Earth per verificare al meglio la fattibilità dei percorsi, ma vuoi per un motivo o per l’altro non era mai il momento adatto per partire.
Finché alla fine marzo esplode, quasi come una liberazione, la decisione: “Martedì vado in Marocco!” – rivolgendomi alla mia compagna e aspettando la sua rassegnata risposta. “Va bene, amore… ma stai attento”.
Una settimana dopo di prima mattina inforco l’autostrada per Genova e da lì al confine francese. Se un viaggio deve essere che lo sia fino in fondo, quindi niente traghetti dall’Italia o dalla Francia, si va via terra. Voglio passare Milano e il suo traffico caotico, attraversare la Lomellina, fare la costa ligure con il suo tepore marittimo, la costa azzurra (con uno sgradito acquazzone che mi accompagna fino a Marsiglia) la Provenza e la sua lavanda, il golfo di Perpignan e il Mistral che soffiando impetuoso per 150 km mi obbliga a guidare piegato di 30°, i Pirenei e la discesa fino a Barcellona, la provincia Valenciana, la Murcia, l’Andalusia con i cartelloni a forma di toro ed infine, dopo 1.850 km e 2 giorni di viaggio, Almeria. Lì un traghetto che parte a mezzanotte mi porterà in poche ore a Melilla, enclave spagnola in terra marocchina.

1° giorno: Melilla – Midelt 410 km

Lo sbarco è veloce. Melilla è ancora addormentata nella aria fresca mattutina e mi precipito al confine che dista 3 km. Le procedure sono lunghe e estenuanti: ti costringono a fare code su code per timbri e firme, in una sequenza ben stabilita. Complice l’orario e la data mi ritrovo con un fiume di immigrati marocchini in rientro dall’estero per le vacanze pasquali e così ci metto quasi tre ore per oltrepassare i cancelli. “Pazienza” mi dico “ poi spiana…” Intorno è già Africa: il sole alto scalda da matti, l’aria è pulita e frizzante, il caos tipico dei centri urbani regna sovrano: faux guides che ti vogliono aiutare per qualche dirham, venditori di tè, poliziotti e funzionari che conversano amabilmente tra di loro, trascurando il loro lavoro e chi aspetta o chiede informazioni, motorini che passano a destra e sinistra con carichi di cose e persone….
Faccio il primo pieno e poi via verso Guercif. Dopo soli 40 km le colline verdeggianti del Rif mi colpiscono per la loro bellezza. Sembra di stare sui monti Sibillini, tanto la terra è fertile e lussureggiante.
In un villaggio noto i tipici bracieri per cuocere gli spiedini e in un attimo mi fermo per la mia prima “brochette di montone”, accompagnata ovviamente da uno squisito tè alla menta. Poi via verso un tratto desertico di rocce rosse e marroni, che nella luce del meriggio assumono riflessi stupendi.
 
A bordo strada dei cammelli pascolano tranquillamente. “Ma che ci fanno qui?” Non me li sarei aspettati così a Nord.
La strada ora prende a salire piano piano sull’altopiano: le prime case e casbah di fango cominciano a fare capolino. In un attimo sono a Midelt, a 1.500 mt di altezza.